Vocilassù, 30 anni e l’utopia di cantare per sempre

Inizia tutto nell’ormai lontano 1995 quando, un gruppo di appassionati del canto corale decide di dare vita ad un nuovo gruppo musicale che vede come luogo di nascita l’Appennino Reggiano, terra di musica, di bande e di cori.

Ma in quale paese può nascere un nuovo gruppo corale se non a Toano, il “Paese dei Cori”?

E’ proprio lì che Tiziano, Ivano, Valter e molti altri si riuniscono con la voglia di cantare insieme ed iniziano un nuovo percorso musicale che vede oggi il festeggiamento del 30° anno di fondazione.

LA NASCITA

“Non pensavo di arrivare a festeggiare il trentennale. Prima di fondare questo coro eravamo tutti impegnati in un altro gruppo e siamo usciti con il desiderio di provare qualcosa di nuovo, canzoni nuove, cantare in un gruppo più piccolo per curare tutte le sfumature dinamiche e non solo” racconta Valter Ruggi “inizialmente i baritoni eravamo solo io e Paolo Tavars, dodici coristi in tutto, poi, piano piano, siamo aumentati. Non è mai svanita la voglia di fare cose nuove e migliorare sempre di più. I nostri primi maestri sono stati Paolo Tavars e Antonio Pigozzi e dopo di loro, per 13 anni, ci ha diretto Armando Saielli. Ora, da un anno, è arrivata Mirka Cassinadri ed è iniziato un nuovo percorso, senza mai accontentarsi ma cercando di migliorare sempre più.”

La voglia di migliorare e mettersi alla prova non è mai scemata, anzi, i diversi maestri, e anche il loro collaboratore Gaetano Borgonovi, con le loro diverse particolarità, hanno spronato i coristi ad impegnarsi.

Trent’anni di coro, di attività, di amicizia. Non sono di certo mancati i momenti di sconforto, ma l’energia del gruppo si percepisce in ogni loro concerto, nei loro sorrisi, nella voglia di continuare a cantare anche dopo la fine dei concerti.

LA CONSOSCENZA DI NUOVE CULTURE

Il presidente Tiziano Albergucci è corista fondatore di questo coro e afferma di essere orgoglioso per questo traguardo e onorato per aver contribuito, insieme a tutti gli altri amici, a scrivere la storia del Vocilassù.

“Ripensando al 1995, a quel gruppo di amici che volevano solo trovarsi, ed ogni pretesto era buono per cantare insieme, non avrei mai pensato di arrivare a conoscere tante persone, anche importanti e vedere così tanti luoghi. Nella mia vita non ho viaggiato molto ma grazie al coro sono riuscito a conoscere nuovi paesi e nuove culture” spiega Tiziano.

Il gruppo ha anche il suo presentatore ufficiale, dalla sezione bassi: ad ogni concerto fa un passo avanti pur rimanendo nel semicerchio. È  Gabriele Arlotti che con il suo stile racconta i canti e il suo coro, la sua più grande passione. “Sono orgoglioso – dice Gabriele – di introdurre vicende che narrano di tratturi, stagioni, rifugi, pastori…. Le storie minori che diventano protagoniste con la voce che si fa canto” parole dalle quali traspare il forte legame che ha con il gruppo e l’amore per la musica e l’origine dei testi dei brani.

DI NONNO, DI PADRE IN FIGLIO

Il coro unisce generazioni diverse e persone che provengono da luoghi differenti e così facendo è divenuto anche tradizione e passione di famiglia.

“Il coro rappresenta per me la continuità, è sempre esistito e porto dentro la strana utopia che possa esistere per sempre. Finché in famiglia circoleranno spartiti, canzoni e locandine, le sue fondamenta saranno solide e la storia al suo posto. Questo gruppo rappresenta probabilmente la presenza più naturale da me immaginabile e il canto un rifugio al quale fare ritorno.” Sono le parole di Luca, tra gli ultimi coristi arrivati (da Milano dove vive e lavora, pur essendo nato in Appennino!) nel gruppo ma già parte della grande famiglia Vocilassù, in quanto lui è figlio di Ivano, uno dei coristi fondatori. “Quando non ne facevo parte era comunque argomento di discussione, cadenzava la vita dei miei genitori e di conseguenza la mia, scandiva le estati con i concerti all’aperto, il festival e le trasferte. Quante volte mi sono addormentato sulle gambe di mia mamma, mentre il coro in sottofondo cantava.”

Luca, che legame ha con i membri storici del Vocilassù? Lo racconta con occhi felici ed emozionati. “Loro mi hanno visto nascere e a loro sono molto legato. Ho sempre ascoltato musica corale, a pensarci bene e per fortuna, ho scoperto i Crodaioli molto prima delle canzoni per bambini.”

Ma cosa si prova ad essere figlio di un corista fondatore? “Ho sempre provato un senso d’orgoglio nell’essere figlio di un fondatore, persino quando il lavoro mi portava distante migliaia di chilometri. Sono grato a mio padre per non aver mai insistito o tentato di forzare la sua passione più grande, perché così facendo, la maturazione è stata lenta ma autentica. Infatti, un giorno ho ceduto, semplicemente perché ero pronto. A volte penso di aver aspettato troppo, ma che importa? Ora ci sono ed è importante. Non riesco infatti a banalizzare o a ridimensionare la mia appartenenza al coro, ha a che fare con la mia identità, la mia storia e la mia passione per la musica.”

E la prima prova con il coro come è stata? “Alla prima prova ero teso come ad una finale olimpica, a malapena riuscivo ad emettere un suono. Mettiamoci l’inesperienza e il voler tentare di mostrarmi adeguato, durante i primi canti ho sudato parecchio. Poi qualcosa si è sbloccato e da quel momento mi sono solamente divertito: si era chiuso un cerchio. Mio nonno, mio papà e in ultimo io. Tutto come doveva essere. Ogni volta che sono lì fra i primi, a fianco dei secondi e con di fronte baritoni, bassi e la Direttrice, capisco tutto: capisco le parole di De Marzi quando scriveva ‘ma dove andate, se non avete voce per cantare?’”.

“VOCILASSU’” PERCHE LA PIANURA È LONTANA

Luca racconta così la sua vita con il coro, prima da bambino fino ad arrivare, adulto, ad essere corista a tutti gli effetti. Cita, non a caso, una figura importante per il Vocilassù, Bepi De Marzi, il “padre” di “Signore delle Cime”, ma anche la persona che suggerì il nome del gruppo.

“A Toano, sull’Appennino Reggiano, prima delle montagne più alte, lungo le strade che raccontano le storie infinite, da Matilde di Canossa fino al passaggio delle armate nell’ultimo conflitto, ci sono uomini che la sera intonano il vento e le stelle, che cantano la fatica di vivere e le piccole felicità.                                                                                                                  ‘Vocilassù’ perché la pianura è lontana, come sono lontani i fiumi che la percorrono, le grandi città e la vita frenetica della gente in continuo rincorrersi.                                                                                                                               Il piccolo gruppo è un’armonia senza tempo e senza età, ma anche senza uno spazio definito, perché la poesia dei semplici non si può comprimere nei ritagli del cielo.

“Toano, tra i prati, i boschi, i campi lavorati e le piccole valli seminascoste: un suono d’amore con i respiri di questi uomini che si tengono per mano nella desiderata serenità dei giorni”.  (Bepi De Marzi)

GRAZIE AFFINCHE’ POSSIATE VOLARE NEL VENTO

E allora, grazie a tutte le Vocilassù che in questi 30 anni di musica hanno dato la loro voce per creare armonie speciali. Grazie alle Vocilassù che cantano dal cielo, insieme ai loro amici, ad ogni concerto.

Grazie alle Vocilassù che, oggi, tagliano il traguardo dei 30 anni.

30 anni di musica, di storie, di avventure, di amicizia.

Auguri Vocilassù, che le vostre voci possano volare nel vento portando la magia nel cuore di chi vi ascolta.

(Mirka Cassinadri, direttrice da gennaio 2024)

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